Da Roma all’Amazzonia: lascia tutto e va a vivere nella foresta. La storia di Sara.

“Lascio tutto e cambio vita”

Quante volte l’abbiamo pensato e ripetuto sotto voce per assecondare in qualche modo lo spirito d’avventura scritto nel DNA di ogni viaggiatore? Un sogno, questo, che è appartenuto a tutti almeno una volta. Un fuoco fatuo per alcuni, un obiettivo da raggiungere per altri.

E poi c’è chi lo ha fatto per davvero, lasciare tutto intendo. Non solo per seguire l’istinto, ma la più nobile delle cause: l’amore. Lo ha fatto Sara Pangione, una giovane ragazza di 25 anni che ha scelto di stravolgere la sua vita, di salire su un aereo da Roma, diretto in Amazzonia, e trasferirsi definitivamente nel cuore della foresta.

Lo ha raccontato lei, in un video condiviso su TikTok, e poi su Instagram, che ha fatto il pieno di visualizzazioni e like, e che non ci ha certo lasciati indifferenti. Con in braccio una dolcissima scimmia, che lei definisce la sua nuova compagna di viaggio, ha voluto condividere quella che si appresta a essere l’avventura più bella della sua vita: “Sono grata di essere qui e sono felice di potervi far conoscere questa meravigliosa realtà così diversa da quella da cui provengo”.

Ma com’è, davvero, vivere nella foresta amazzonica? Come si svolge la quotidianità e quali sfide l’attendono ogni giorno? E poi, ancora, quali sono state le difficoltà di un cambiamento così radicale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.

Ciao Sara, puoi parlarci un po’ di te?
Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa opportunità. Sono entusiasta di condividere la mia storia e la mia esperienza con voi. Mi chiamo Sara Pangione, ho 25 anni e vengo dai Castelli Romani, una zona situata in provincia di Roma. Anche se sono nata e cresciuta vicino alla capitale, la mia famiglia è originaria del sud Italia: mia madre è di Caserta e mio padre di Benevento. Vengo da una famiglia numerosa e molto semplice e credo che questo mi abbia sicuramente aiutata a sviluppare un grande spirito di adattamento e di condivisione!

Ti abbiamo conosciuta attraverso i tuoi racconti sui social network. Sappiamo che vivi nel mezzo della foresta amazzonica: da quando? E come mai hai fatto questa scelta?
Sì, in realtà non è la mia prima volta in Ecuador! Sono arrivata qui circa due anni fa grazie a un progetto di cooperazione internazionale promosso dal Dipartimento per le Politiche Giovanili chiamato Servizio Civile Universale. I progetti sono caratterizzati da temi fondamentali come l’educazione, l’inclusione sociale, la solidarietà, e la promozione della pace e dei diritti umani. Nel mio caso ho trascorso un anno in un centro educativo nella periferia del sud di Quito, la capitale dell’Ecuador, offrendo supporto a bambini che vivevano in condizioni molto difficili come violenza, abbandono e povertà estrema.
Ma perché sono tornata e ho deciso di vivere qui definitivamente? La risposta è semplice: per amore! Durante il mio anno in Ecuador ho incontrato il mio attuale fidanzato, che è di una nazionalità indigena dell’Ecuador, i Waorani, e vive in una comunità nel cuore della foresta amazzonica. Sono tornata a giugno e questa volta ho deciso di condividere la mia esperienza sui social per far conoscere questa realtà unica e così diversa dalla nostra.

Cosa facevi prima di trasferirti e cosa fai oggi?
Prima di trasferirmi studiavo Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. Durante gli anni universitari, ho fatto vari lavori per sostenere i miei studi: cameriera, baby-sitter, commessa, e così via. Ho sempre avuto il desiderio di mettere in pratica ciò che stavo studiando e di vivere un’esperienza immersiva sul campo e per questo motivo, poco prima di laurearmi, ho partecipato al bando per il Servizio Civile Universale. La selezione è coincisa con il periodo in cui stavo scrivendo la mia tesi, e così ho deciso di approfondire il tema e il contesto in cui stavo per andare a vivere.
Quando il mio progetto in Ecuador è giunto al termine, ho avuto l’opportunità di partecipare a un’altra iniziativa internazionale di grande valore: i Corpi Civili di Pace. Questo programma mi ha portato in Guatemala, dove ho lavorato a stretto contatto con le comunità indigene Kaqchiquel e ho prestato supporto in un centro per donne vittime di violenza. Nonostante l’esperienza in Guatemala sia stata incredibilmente arricchente e significativa ho deciso di interrompere il mio anno di volontariato dopo circa sette mesi, spinta dal forte desiderio di tornare in Ecuador e seguire il mio cuore! Oggi, qui in Ecuador, collaboro con la fondazione di mio fidanzato, la Fundación Waorani Waponi Amazon, che si occupa di turismo comunitario, promozione dei diritti delle popolazioni indigene e recupero di animali selvatici, in particolare scimmie. Per chi fosse interessato, vi invito a seguire il progetto! Inoltre, impartisco lezioni di italiano online, un’attività che mi rende una sorta di nomade digitale. Questa libertà mi consente di lavorare direttamente dalla foresta, senza la necessità di vivere e lavorare in città.

Come hai vissuto questo cambiamento?
All’inizio, il cambiamento è stato sicuramente difficile. L’Ecuador è molto diverso dall’Italia e ci sono stati molti aspetti ai quali ho dovuto adattarmi, come le questioni legate alla sicurezza. Attualmente, l’Ecuador è considerato uno dei Paesi più pericolosi dell’America Latina, quindi è fondamentale essere prudenti e non sottovalutare i rischi. Tuttavia, vivere nella foresta amazzonica ha i suoi vantaggi in termini di sicurezza: l’unico “pericolo” è la scimmia Kao, che ama rubare tutto ciò che trova (ride, ndr)!
Scherzi a parte, nella selva ci sono comunque delle sfide da affrontare, come la presenza di animali selvatici e altre minacce ambientali, che richiedono sempre attenzione e preparazione. A livello personale, questa esperienza è stata e continua ad essere profondamente arricchente. Vivere a stretto contatto con una cultura così diversa dalla mia mi ha offerto nuove prospettive e insegnamenti. Credo fermamente che la differenza sia un’opportunità. Le diversità ci spingono a metterci in discussione, a rompere vecchi schemi e credenze, e ci offrono una visione più ampia e profonda della realtà che ci circonda.

Hai mai avuto qualche ripensamento?
In realtà no, non nego che sia difficile a volte vivere così lontano dai propri affetti ma allo stesso tempo sono felice di poter inseguire i miei sogni e di esplorare ambienti e stili di vita così distinti dal mio. È un’esperienza di profondo cambiamento, un cammino di crescita personale, e anche professionale nel mio caso, di cui mi sento profondamente grata e di cui non mi pento assolutamente, anzi, ogni giorno apprezzo sempre di più le opportunità che mi sono state offerte.

Come hanno reagito le persone intorno a te quando hai deciso di trasferirti?
Sarò sincera nel dire che la mia mamma è sicuramente la persona che, naturalmente, più si preoccupa per me. Ho tre fratelli e sono la prima che va a vivere così lontano dalla famiglia. Comunque ci chiamiamo tutti i giorni e la domanda che più mi fa spesso oltre a “Hai mangiato?” è “Sì, ma quando torni?”. Quando vede che in realtà sto bene e sono felice si tranquillizza ed è felice per me. Mi ha sempre supportata nelle mie decisioni, così come lo hanno fatto la mia famiglia e i miei amici.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai affrontato da quando vivi nella foresta?

Mi piacerebbe rispondere a questa domanda cambiando il soggetto, mi spiego meglio. Personalmente non ho vissuto nessuna grande difficoltà ma credo sia importante sensibilizzare invece sulle enormi difficoltà che le popolazioni indigene che abitano l’Amazzonia vivono ogni giorno. Recentemente l’Assemblea Nazionale ecuadoriana ha approvato una risoluzione dichiarando lo stato di emergenza nell’Amazzonia ecuadoriana a causa dell’estrazione mineraria illegale e di altre gravi minacce, come la deforestazione su larga scala, gli incendi e lo sfruttamento non regolamentato delle risorse. Inoltre, le persone che abitano questa regione non hanno accesso garantito a diritti fondamentali come l’educazione e la sanità, e il loro territorio è costantemente minacciato e distrutto. Credo sia importante mettere in evidenza queste problematiche perché anche se a volte l’Amazzonia può sembrare qualcosa di lontano da noi in realtà non lo è ed è una parte fondamentale del nostro pianeta. Sostenere e aiutare le comunità locali in questa lotta è una responsabilità che tutti noi condividiamo. Essere consapevoli di queste difficoltà e fare la nostra parte per supportare le popolazioni indigene è essenziale per proteggere l’ambiente e i diritti umani.

Qual è stato, invece, il momento più emozionante che hai vissuto? Quello che ti ha fatto dire: ok mi trovo esattamente dove voglio essere?
Ogni giorno è un momento emozionante che conferma che mi trovo esattamente dove voglio essere. Sono profondamente grata di essere qui, circondata dall’amore e immersa nella natura. Il continuo scambio con le persone locali e l’opportunità di vivere esperienze uniche mi riempiono di gratitudine. Ogni nuovo incontro, ogni piccola scoperta mi ricorda quanto io sia fortunata ad essere parte di questa realtà.

Quanto è cambiata la percezione del mondo che avevi prima da quando vivi nella foresta e quanto sei cambiata tu?
Questa esperienza ha avuto un impatto profondo su di me. Vivere nella foresta mi ha permesso di stabilire una connessione più autentica sia con me stessa che con il mondo naturale che mi circonda. Ho imparato a vivere con maggiore consapevolezza e a dare valore ai dettagli più semplici della quotidianità. Un aspetto particolarmente significativo per me è stato sicuramente il contatto diretto con le popolazioni locali. Questo mi ha offerto uno sguardo più chiaro sulle sfide quotidiane che affrontano, permettendomi di comprendere a fondo le loro difficoltà. Questa connessione profonda mi ha aiutata a riflettere sulle problematiche reali e ad apprezzare la mia esperienza di vita con una nuova prospettiva, arricchendo così il mio percorso di crescita personale e sociale in modi che non avrei mai immaginato.

Come trascorri le tue giornate?
Normalmente mi sveglio molto presto, seguendo il ritmo naturale della foresta. Qui le giornate iniziano quando sorge il sole e si concludono al tramonto quindi anche il mio riposo segue lo stesso ritmo! La mattina facciamo lunghe camminate nella foresta oppure andiamo al fiume a fare il bagno e nuotare. Spesso aiuto il mio fidanzato nell’organizzazione della fondazione e insieme ci prendiamo cura degli animali che vivono qui con noi, attualmente quattro scimmiette (una scimmia ragno, due scimmie urlatrici e una scimmia lanosa) e due cani. Nel pomeriggio, mi dedico al mio lavoro di professoressa di italiano online per ecuadoriani. Lavoro solo per due ore al giorno, quindi ho un sacco di tempo libero da sfruttare. A volte, ad esempio, mi unisco alle donne della comunità per lavorare all’artigianato. Le donne Waorani creano splendidi prodotti come collane, orecchini e borse, utilizzando esclusivamente materiali naturali della selva. Per realizzare questi pezzi unici, utilizzano la fibra di palma chiamata chambira e la decorano con semi e piume. Devo anche ringraziare mia madre, che fin da piccola mi ha insegnato e fatto praticare l’uncinetto. Chi avrebbe mai pensato che quelle lezioni di artigianato si sarebbero rivelate così utili nella foresta amazzonica?
C’è però un giorno speciale e diverso qui nella comunità: la domenica! Tutti, dai più piccoli ai più grandi, si riuniscono per trascorrere la giornata insieme, dedicandosi a diverse attività. Si gioca a calcio e a volley, e ci si ritrova nella parte centrale della comunità per socializzare e divertirsi. Inoltre, le famiglie approfittano di questa occasione per vendere prodotti locali, che hanno coltivato o cacciato, come gli spiedini di larve (che ho mostrato in un video su TikTok) accompagnati dalla yuca, un tubero tipico della regione. È quindi un momento prezioso anche per sostenere l’economia locale e rafforzare i legami comunitari.

Hai iniziato da poco a condividere la tua avventura di vita sui social ma hai già tantissimi sostenitori. Quali sono le domande più strane e curiose che ti arrivano?
Sì, devo ammettere che non mi aspettavo di ricevere così tanti messaggi e di raggiungere così tante persone! È stato davvero sorprendente e sono molto grata per il sostegno che ricevo. Tra le domande più curiose che mi arrivano, quella che viene ripetuta più spesso riguarda il motivo della mia scelta di trasferirmi in Ecuador. Un’altra domanda frequente è su come riesco ad avere elettricità e a usare internet qui nella foresta. La nostra casa è dotata di pannelli solari, quindi utilizziamo l’energia solare e per quanto riguarda la connessione, abbiamo un internet satellitare! Il mio fidanzato gestisce una fondazione che accoglie turisti e volontari internazionali da circa quattro anni. Grazie a questo, ha potuto investire molto nella casa in cui viviamo per poter lavorare e restare connessi anche in questo angolo remoto del mondo, ma è importante sottolineare che questa è un’eccezione! Nella comunità nessun’altra famiglia dispone di questi servizi, che sono piuttosto costosi e considerati un vero e proprio lusso.

Che consigli ti senti di dare a chi vorrebbe cambiare la sua vita, e magari trasferirsi dall’altra parte del mondo proprio come hai fatto tu?
È importante seguire la propria curiosità e il desiderio di sperimentare. Nel mio caso, tutto è iniziato con il desiderio di vivere esperienze che avevo osservato da lontano e di poter far pratica nel mio ambito professionale. L’arrivo in Amazzonia è stato in un certo senso una coincidenza: mi sono innamorata non solo di un luogo, ma anche di una persona!
Un consiglio che mi sento di dare, sia a chi sta pensando di partire per un’esperienza di volontariato sia a chi sta valutando di trasferirsi in una nuova parte del mondo, specialmente in contesti del Sud globale, è di fare molta attenzione e riflessione prima di intraprendere questo tipo di avventura. È fondamentale essere consapevoli e rispettosi, evitando di cadere nel modello del “salvatore bianco” che può essere involontariamente imposto. Piuttosto, cerchiamo sempre di avvicinarci con un’autentica volontà di ascoltare e supportare le comunità locali. Ogni esperienza dovrebbe essere un’opportunità per imparare e contribuire in modo significativo, senza pregiudizi e con un profondo rispetto per la cultura e le sfide del luogo in cui ci troviamo.

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